Packaging

L’italia del packaging in carta

L’Italia del packaging cellulosico si conferma ai vertici del mercato europeo grazie agli elevati standard di qualità, sostenibilità e riciclabilità dei prodotti. Per il 2025, il comparto punta a consolidare il proprio ruolo trainante del settore, adattandosi alle nuove normative europee e rafforzando il ruolo della carta come materiale sostenibile. Di queste sfide e delle prospettive future abbiamo discusso con Massimo Medugno (Assocarta e FCG).

Il comparto delle carte e cartoni per packaging rappresenta uno dei pilastri del settore cartario. Negli ultimi anni, a seguito di fenomeni come la crescita esponenziale dell’e-commerce ed eventi contingenti quali pandemia e lockdown, è ulteriormente cresciuto, diventando trainante nel settore cartario. Ma quali sono le prospettive e le sfide che dovrà affrontare nel nuovo anno? Lo abbiamo chiesto a Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta e membro del Comitato di coordinamento della Direzione della Federazione Carta e Grafica (FCG).

I numeri del packaging

Il comparto delle carte da imballo riporta dati con segno positivo. A fronte di una produzione generale di carta che gli ultimi dati disponibili del 2024 stimano a +7% rispetto all’anno precedente, le carte da involgere e imballo pare siano riuscite a chiudere l’anno attorno al +5%. Un risultato di moderato incremento che però è dovuto anche a dati del 2023 che sono rimasti su livelli piuttosto bassi. La produzione cartaria del 2024 si è comunque dimostrata soddisfacente, così come la domanda interna di carta e cartoni che, per quanto non eccezionale, risulta in crescita. I produttori italiani, tuttavia, non riescono a soddisfarla appieno; a comprovarlo sono i dati dell’import delle carte per imballaggio che sta crescendo. La domanda interna, quindi, è intercettata da produttori esteri per motivazioni che possono essere sia di natura qualitativa, in particolare per quanto riguarda certi tipi di carte, come quelle da fibre vergini che non sono un core business italiano, sia di natura quantitativa ovvero di prezzi più bassi dovuti a varianti competitive. Quello delle carte e cartoni da imballo resta un comparto che funziona, con un mercato positivo che si ipotizza rimanere sostanzialmente invariato nell’andamento anche per il 2025. Per i mesi a venire non si prevedono infatti grandi sconvolgimenti nella produzione industriale e nei consumi a cui il comparto del packaging è fortemente legato.

L’imballaggio italiano nel mondo

Il packaging italiano si posiziona bene anche nel mercato internazionale. Nonostante le difficoltà, dai problemi competitivi legati soprattutto al maggiore costo energetico per le imprese italiane ai problemi congiunturali, il Paese si conferma nelle prime tre piazze europee come produzione industriale di carta e sul podio anche come produzione industriale di carta per imballo e di imballaggio. L’Italia, del resto, è un Paese importante dal punto di vista manifatturiero – secondo in Europa solo alla Germania – e la carta da imballo e gli imballaggi prodotti in Italia servono per mantenere, proteggere, trasportare i prodotti nazionali e il “Made in Italy” esportato in tutti il mondo. Ragioni pratiche, quindi, fanno pensare a un 2025 in linea con l’andamento positivo del 2024 anche a livello internazionale. Al contempo ci si aspettano buone performance del packaging cartaceo dovute alla sostituzione di altri materiali di imballaggio con la carta, che sta prendendo piede nelle scelte di consumo. Le motivazioni principali sono legate ai valori ambientali di sostenibilità e riciclabilità che sono propri della carta e che costituiscono qualità importanti riconosciute e apprezzate. Basti pensare che ogni anno il mercato dell’imballaggio aumenta costantemente tra 1,5 e 2%.

Con il nostro interlocutore entriamo nel merito di questi aspetti per analizzare tendenze e criticità di questo comparto.

Si è detto del vantaggio della carta rispetto ad altri materiali, per tematiche ambientali e per caratteristiche intrinseche uniche: sostenibilità, riciclabilità, biodegradabilità. Però ci sono ancora sfide da affrontare, anche poste dalle normative europee. Quali sono?

«Il pensiero va subito alla revisione della normativa europea sugli imballaggi con il PPWR in cui, grazie allo sforzo di tutto il sistema Paese e delle organizzazioni europee, nell’iter si è riusciti a passare dall’ideologia del riutilizzo a tutti i costi al considerare anche il riciclo, introducendo il concetto che il riciclo è importante almeno quanto il riuso. Questo permetterà che il nuovo Regolamento porti alla valorizzazione dei sistemi di riciclo che oggi già esistono. È dimostrato, del resto, che in alcune situazioni il riciclo è persino più vantaggioso, in quanto un imballaggio in cartone, una volta riciclato, può servire a creare un imballaggio diverso.

Le sfide maggiori, quindi, riguardano proprio l’ottimizzazione del riciclaggio. La carta è il materiale più raccolto dopo i rifiuti organici ed è il materiale più riciclato, tanto che per il 2024 si parla del 92% di riciclo nell’imballaggio. In pratica, siamo stabilmente oltre l’85% che è il numero che avremmo dovuto raggiungere nel 2030. Questo ci dice che il sistema è ben strutturato e funziona; le sfide sono sostanzialmente di migliorare il riciclo di alcune tipologie di materiali. Occorre considerare che, per effetto della transizione da materiali fossili, si sta passando a imballaggi rinnovabili e alla carta; questo non avviene necessariamente con una sostituzione completa da parte della carta, spesso se ne usa una percentuale anche molto alta – fino al 90 o al 95% – mantenendo la presenza anche di un altro materiale. L’obiettivo quindi è riciclare e valorizzare sempre meglio tutta questa varietà di imballaggi compositi a prevalenza carta».

Cosa si sta facendo, dunque, per migliorare il sistema del riciclo degli imballaggi?

«Si stanno seguendo due approcci: il primo con l’introduzione degli standard Aticelca che valutano la riciclabilità degli imballaggi, lavorando anche sull’ecodesign; mentre il secondo riguarda il contributo Conai che, nel corso del 2025, andrà a differenziarsi in funzione della riciclabilità. Ritengo che questo sia un messaggio importante per il mercato e per i consumatori perché, da una parte, guida il mercato a che gli imballaggi siano sempre più riciclabili e, dall’altra, dice anche che il sistema si sta attrezzando per riciclare tutto ciò che è possibile riciclare, mettendo a disposizione le risorse necessarie e guidando una transizione verso un imballaggio e una riciclabilità migliori e sempre più efficaci. Si stanno già attrezzando i sistemi di raccolta e il Regolamento sui rifiuti di imballaggio rende questa necessità ancora più stringente e molto rilevante. Saranno introdotti inoltre standard europei sulla riciclabilità; in questo ci auguriamo che per l’Italia l’operazione risulti più agevole, avendo già fatto esperienza e avendo già in uso propri standard di riciclabilità».

Anche i dati di Comieco testimoniano un miglioramento costante delle attività di raccolta, per quanto la differenziata in genere resti più difficile nelle città, soprattutto in quelle più vissute e molto popolate. Si può intervenire anche su questo aspetto?

«Nella raccolta il Centro Nord Italia è più avanti, ma anche il Sud sta migliorando, tuttavia restano alcune aree geografiche e alcune grandi città in cui c’è ancora molto fare. Certamente nelle raccolte dei rifiuti urbani c’è ancora una frazione di carta, calcolata attorno a 700mila tonnellate, che bisogna intercettare. Una questione essenziale, però, è la qualità del materiale raccolto che occorre migliorare. Il tema della migliore qualità del materiale raccolto ha a che fare anche con quello dei rifiuti industriali: meno impurità si trovano nella carta da riciclare e meno rifiuti si produrranno come scarti industriali. Siamo abbastanza bravi a raccogliere, a riciclare, ma difettiamo nel gestire bene i rifiuti che vengono dai processi industriali, anche quelli da riciclo.

Senza considerare che i nostri rifiuti industriali da riciclo spesso, per ragioni di scarsa capacità del nostro sistema, finiscono oltreconfine, magari in qualche cartiera concorrente che può termovalorizzarli per produrre energia poi venduta anche in Italia. Finiamo quindi per pagare due volte una risorsa che è nostra e che ci ritorna indietro come un costo e un danno dato da una maggiore competitività del concorrente e da una minore competitività nostra».

Parlando di riciclo ci ricolleghiamo al tema dell’uso della materia prima seconda – la carta da riciclare – nella quale, come Paese, siamo tra i principali utilizzatori in Europa. Quali sono però le criticità e come l’industria della filiera può cercare di porvi rimedio?

«Partiamo da un numero: la raccolta di carta e cartone in Italia, inclusa quella differenziata urbana, è pari a circa 7 milioni di tonnellate; quella differenziata urbana, cioè quella su superficie pubblica, è di circa 3,7 milioni ed è una quantità probabilmente destinata a crescere. Ebbene di questi 7 milioni circa 5,3 milioni sono riciclati in Italia, quindi una parte consistente. Nel 2024, per effetto di mercati non particolarmente brillanti e a causa anche della competitività energetica che stenta, l’export ha raggiunto una quota tra 1,7 e 1,9 milioni di tonnellate di carta da riciclare. Questo fenomeno rischia di diventare un ulteriore ostacolo per la nostra industria. In realtà le capacità interne di riciclare ci sarebbero, ne abbiamo avuto la dimostrazione durante il 2021 e il 2022, quando la produzione industriale è ripartita dopo il Covid e si è assistito addirittura a un’accelerazione notevole. Però questa capacità di riciclo è influenzata da due fattori: i costi energetici, che sono il termometro della nostra competitività, e appunto l’esportazione delle materie prime.

A ciò si aggiunge il fatto che questo export avviene verso Paesi al di fuori del territorio europeo in cui, molto spesso, le condizioni di macchina, quelle sociali e ambientali sono nettamente diverse rispetto all’UE. In questo è fondamentale che l’Europa trovi un equilibrio: occorre imporre che i materiali che escono dal suo territorio siano collocati in Paesi con le stesse regole che ci sono in Europa».

Il rischio altrimenti è di distorcere il mercato e a noi europei restano giusto i costi di una rincorsa alla sostenibilità che poi, da altre parti, viene sfruttata a svantaggio nostro?

«Esattamente. Il tema della rilevanza strategica della carta da riciclare è emerso anche dal rapporto di Mario Draghi sul futuro della competitività europea. L’economia circolare è importante ma deve essere costruita per dare innanzitutto una prospettiva all’economia europea. Il problema di una gestione ecologicamente corretta dei materiali raccolti e delle materie prime secondarie che vada a verificare anche le destinazioni extra UE è, quindi, un altro dei temi caldi del settore insieme a quello energetico».

Come Assocarta e come Federazione Carta e Grafica, avete lavorato molto per far sì che la politica prendesse in considerazione le istanze della filiera. In ambito packaging, quali sono i progetti per il 2025 e su cosa andrete ancora a puntare?

«Ritengo che alla pubblicazione del regolamento PPWR in Gazzetta Ufficiale dovremo continuare a dare tutto il necessario supporto alle istituzioni, come abbiamo fatto in passato. Saranno necessari diversi provvedimenti attuativi in materia di riciclabilità e ci sarà una serie di atti delicati da dover approvare; è indispensabile che i nuovi standard vengano varati con la collaborazione e la consulenza dell’industria, proprio per evitare gli errori nei quali eravamo caduti già con la norma primaria, in cui si era adottata a prescindere la strada del riuso. Le norme certamente vanno in una direzione buona, ma credo che sia necessario proseguire sullo stesso percorso, lavorando alle attività di standardizzazione sulla riciclabilità in corso a livello sia nazionale sia europeo. Sono ambiti in cui dobbiamo operare all’interno della Federazione Carta e Grafica, coinvolgendo quindi tutta la filiera, dalla produzione di carta fino alla trasformazione. Ed è proprio qui che la piattaforma federativa può esprimere la massima efficacia, in quanto di per sé produce un coordinamento e una rappresentatività destinate a essere più incisive nei confronti dei diversi interlocutori, nazionali ed europei. Ci consente, quindi, di rappresentare al meglio la realtà della nostra industria, fornendo una buona sintesi delle nostre aspettative, richieste, istanze.

A livello nazionale, in particolare, uno dei passaggi più delicati che dovremo affrontare e sul quale stiamo già lavorando sarà l’applicazione a luglio del contributo differenziato Conai sugli imballaggi compositi. Questo passaggio ci consentirà di guidare il mercato sotto il profilo della riciclabilità e dell’ottimizzazione del riciclo».

In un recente comunicato Fefco ha sottolineato l’importanza che l’attuazione del Regolamento PPWR sia il più armonizzata possibile. C’è un rischio che ciò non avvenga?

«Fefco mette in evidenza come il Regolamento, pur dando indicazioni di equilibrio all’interno dell’Europa dei 27, permetta che gli Stati possano assumere decisioni in grado non di cambiare il disegno dell’atto giuridico ma comunque di influenzarlo. Certamente le organizzazioni della nostra filiera cartaria sono chiamate anche a un’operazione di monitoraggio e di interlocuzione con le istituzioni nazionali affinché si comprenda che il riciclo, soprattutto per la carta, è il sistema più vantaggioso per una gestione economicamente corretta. Occorre dire che in Italia questo problema lo sentiamo meno, in quanto il nostro sistema è già molto impostato sul riciclo, inoltre siamo riusciti a portare la nostra fisionomia industriale all’interno del Regolamento. Non è così però in altri Paesi d’Europa, come Spagna e Francia che hanno obiettivi di riuso importanti. Il tema quindi è riuscire a tenere insieme un mercato interno che sia il più compatto possibile, perché altrimenti l’obiettivo dell’armonizzazione potrebbe essere disatteso proprio nel passaggio all’attuazione. È un rischio che esiste, però è anche il mestiere di noi associazioni e ci impegniamo a farlo bene».

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